Inizio d’autunno contrassegnato a Roma, e in tanti centri del Lazio, dal rinnovo di sindaci e Consigli comunali.
Una competizione elettorale che l’Ordine degli Infermieri ha seguito da vicino, con la necessaria imparzialità, ma con la ferma volontà di avviare un confronto con tutti i principali candidati, per far valere le aspettative e le esigenze della Professione rispetto al futuro governo delle nostre città, Roma in primis.
In questo nuovo numero vi raccontiamo di questo e di tanto altro, con un’attenzione particolare all’argomento di maggiore attualità per gli operatori sanitari: la giurisprudenza relativa alle sospensioni in atto, da parte delle Aziende, di chi non ha ancora chiarito la propria posizione rispetto alla normativa anti COVID: dal possesso del green pass, alle esenzioni alla vaccinazione, ad altre fattispecie. Desideriamo farvi presente che ogni documentazione rispetto a tali provvedimento non va inviata all’Ordine, bensì alle Aziende sanitarie di competenza, ai sensi della legge vigente (Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 23 settembre 2021, in vigore dal 15 ottobre). Peraltro, si tratta di dati sensibili che l’Ordine non ha competenza a trattare né a conservare.
Grazie per la collaborazione e… buona lettura!
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EDITORIALE DEL PRESIDENTE MAURIZIO ZEGA
Cambiare “ricetta”
Dicevamo lo scorso numero che ci sono segnali positivi, e parlavamo di un clima di generale consapevolezza della necessità di quella rivoluzione del territorio che da una parte è la risposta razionale e coerente con la situazione sanitaria nel nostro Paese e nella nostra Regione, dall’altra oggettivamente fa perno in larga parte sulla professionalità infermieristica.
Abbiamo potuto averne una riprova negli incontri che l’OPI di Roma ha organizzato con i principali candidati alla carica di Sindaco di Roma. Incontratisi con il Consiglio dell’Ordine e con i dirigenti delle professioni sanitarie di diverse Aziende, Calenda Gualtieri e Michetti ci sembrano aver ben compreso il contributo che la nostra Professione è in grado di dare ad un nuovo modello di assistenza sociosanitaria. Peccato che la Sindaca uscente Raggi, ricandidata, si sia sottratta al confronto con l’Ordine e non abbia riposto al nostro invito.
Si dirà che la materia sanitaria è per grandissima parte di competenza regionale, e che dunque il ruolo del Comune risulta in qualche modo marginale: vero, ma fino ad un certo punto; se infatti si deve superare una politica sanitaria basata su compartimenti stagni e sull’attesa passiva del paziente, per arrivare ad un’altra fondata su una risposta proattiva e di prossimità, si dovrà pure rendersi conto che l’assistenza sanitaria e quella sociale si compenetrano ogni giorno di più. E l’Assistenza sociale nell’attuale quadro normativo è di spettanza comunale.
Nel corso di un incontro nel mese di settembre, l’Assessore alla Sanità e integrazione Socio-Sanitaria Alessio D’Amato ci ha parlato di un altro concorso per infermieri per il prossimo ottobre, con le stesse modalità del precedente, esperito, bisogna pur dirlo, con discreto successo.
“La territorialità – ci ha detto – è indispensabile a fronte di un aumento del 45% della popolazione di ultraottantenni”: da notare, osserviamo noi, che a Roma mancano almeno 4000 infermieri.
Ma non si tratta solo di numeri: non ha molto senso, infatti, porsi il problema della carenza di Infermieri ogni dieci o quindici anni se non ci si pone, insieme, anche quello relativo alla loro formazione. La Federazione Nazionale ha fatto rilevare di recente la patologica situazione delle docenze nei corsi di laurea in Scienze Infermieristiche: un rapporto insegnanti/studenti di 1:1.000. Ovvero un insegnante ogni 1.350 studenti, mentre per altre discipline mediche il rapporto è di 1:6. E la carenza di formazione specialistica, già obiettiva e preoccupante, lo diventa ancora di più in vista delle nuove prove che attendono la professione proprio in relazione al disegno di riforma strutturale del sistema sanitario nella direzione della prossimità.
Intanto, si è insediato in Regione il gruppo di lavoro che deve “mettere a terra” le previsioni del PNRR, e salutiamo con favore la presenza in esso della collega Antonella Leto, dirigente delle Professioni Infermieristiche al San Giovanni Addolorata. La sua presenza nel Gruppo di Lavoro è per noi il pegno che non ci saranno sorprese sul tema delle responsabilità relative all’Ospedale di Comunità o alla corretta implementazione qualitativa e quantitativa dell’Infermiere di Famiglia e Comunità.
Per quanto riguarda il primo, infatti, le indicazioni della Agenzia Nazionale per i servizi sanitari Regionali sono che di esso deve essere responsabile un Infermiere, per le caratteristiche della propria formazione professionale, e ciò già accade in diverse Regioni del centronord.
Mentre per quanto riguarda l’Infermiere di Famiglia e Comunità si deve evitare che questa figura venga risucchiata nell’obsoleto sistema medico-centrico che mostra tutte le sue corde, per farne invece un operatore a diretto contatto con il cittadino, con ampia responsabilità e autonomia, realizzando in tal modo proprio la “prossimità” così insistentemente richiamata. E anche su questo le indicazioni dell’Agenzia sono chiarissime: le Regioni conservano certo il loro margine di autonomia nella realizzazione operativa, ma questi non sono temi che si possono eludere.
E per coerenza, sarebbe ora, diciamolo pure, che anche nel Lazio ci si renda conto che il ruolo della direzione degli stessi Distretti sia un ruolo “anche” infermieristico.
Insomma, cari colleghi: si deve superare una buona volta e per sempre la dimensione gerarchica fondata sul predominio professionale e riconoscere invece le professionalità specifiche (tutte!), articolare un sistema modellato sulle esigenze espresse dai cittadini invece di applicare meccanicamente ricette invecchiate magari innaffiandole con un po’ dei fondi che sembra si siano resi disponibili: questa, e non altra, è la dimensione di cui parla il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza
Ora noi sappiamo che si tratta di un cammino non certo privo di ostacoli di ogni genere, dalle resistenze corporative tenaci e ben note nel mondo clinico alla eterna tentazione italiana di moltiplicare le strutture amministrative senza curarsi di metterle a sistema, per non dire della caccia che invariabilmente si scatena quando, come avverrà nei prossimi mesi, si rendono disponibili risorse aggiuntive per il settore, in una selvaggia corsa alla diligenza: lo sappiamo, lo sappiamo, e anzi lo stiamo già constatando.
Con tutto ciò, la lezione inesorabile dei fatti – e i fatti, come si dice, sono cose tenaci – è un elemento su cui far leva per dare il nostro contributo, o per meglio dire, per essere finalmente liberi di poterlo dare senza le pastoie di una concezione – lo vogliamo dire? – vecchia e quasi ridicola nel ventunesimo secolo. È l’ora di prenderne atto e noi, per quanto ci riguarda ci saremo e ci siamo.