On line il numero 1/2022 di INFERMIERE OGGI, house organ dell’Ordine delle Professioni Infermieristiche di Roma.
Per scaricare il pdf completo 👇
https://opi.roma.it/wp-content/uploads/2022/04/infermiere-oggi-N.1-22.pdf
Per sfogliare la rivista on line 👇
https://issuu.com/infermiereoggi/docs/infermiere_oggi_n._1-2022
Per consultare le norme editoriali e proporre nuovi contributi alla redazione 👇
https://opi.roma.it/wp-content/uploads/2021/07/nuove-norme-editoriali.pdf
Di seguito, l’editoriale a firma del presidente dell’OPI di Roma, Maurizio Zega.
DISEGNARE IL FUTURO
Il fondatore e attuale Direttore scientifico del Centro di Eccellenza per la Cultura e la Ricerca Infermieristica (CECRI) dell’OPI di Roma, Gennaro Rocco, riceverà il premio “International Nurse Researcher Hall of Fame 2022” da Sigma Theta Tau International Honor Society of Nursing per “l’impatto significativo che la sua opera e la sua ricerca ha dato alla professione infermieristica in Italia e nel mondo”.
Ci piace aprire questo numero di Infermiere Oggi rendendo il tributo che spetta al nostro collega, e, soprattutto, al nostro già presidente del Collegio IPASVI di Roma. Il giusto riconoscimento al Dottor Rocco deve essere un’occasione di riflessione non solo sul molto che si è fatto, anche grazie a lui e a colleghi come lui, ma anche del molto che abbiamo ancora di fronte: la ricerca infermieristica è al cuore della nostra attenzione come Ordine di Roma e, con crescente evidenza, dimostra come il contributo della Professione al progresso scientifico in ambito sanitario sia di fondamentale importanza. Soltanto chi è incapace di leggere i segni dei tempi può ancora non essersene accorto: altrove, come proprio il riconoscimento attribuito al fondatore del CECRI dimostra, la consapevolezza di ciò è ben più matura e diffusa.
Attualmente, la nostra professione vive un momento che si vorrebbe definire bivalente: da una parte, il suo ruolo risulta obiettivamente esaltato dalla programmazione teorica della riforma sanitaria, a partire dal PNRR: quando si è trattato di dimostrare all’Europa la serietà e la conformità all’evidenza scientifica di una riforma del sistema sanitario, non si è potuto fare a meno di collocare l’infermiere nel posto che gli spetta, al centro del sistema di sanità territoriale e proattiva.
Quando però si è trattato di passare dalle parole ai fatti, dagli enunciati alle articolazioni concrete, l’alto riconoscimento teorico è sembrato sciogliersi come neve al sole. Paiono prevalere logiche legate a visioni totalmente screditate proprio dall’evidenza statistica, epidemiologica, insomma scientifica.
Da noi, a quanto pare – complice anche il farraginoso ordinamento giuridico che vede affastellarsi le più diverse competenze legali, con il risultato di un sostanziale immobilismo – si deve ancora fare i conti con resistenze corporative che verrebbe da definire quasi ridicole, se non fosse che, a causa di esse, a rimetterci sia la cittadinanza, se non il diritto stesso alla salute.
Ecco, a quanto pare, la nostra professione, mentre la si colloca al centro della sanità del futuro, risulta sempre meno attrattiva: quando parliamo di questo problema, ci sentiamo dire, con pensosi scuotimenti di capo, che quella della carenza di infermieri è un problema antico e che, per questo, “non fa notizia”. A lume di buonsenso, per la verità, si comprende benissimo lo scarso entusiasmo dei giovani ad intraprendere una professione che comporta, intanto, un notevole rischio sanitario (come la pandemia ha dimostrato), che è malpagata come sa l’intero universo, che non consente avanzamenti di carriera sul piano della competenza clinica e per accedere alla quale, per giunta, si deve anche studiare per anni e anni.
Eppure, anche qui l’evidenza è palmare.
Ancora una volta lo ricordiamo senza commenti, se ce ne fosse bisogno: a ogni paziente in più, rispetto a uno standard medio di 6 per professionista, esiste un rischio aumentato di mortalità del 5-7% (ma in alcuni servizi, come le Terapie Intensive o l’assistenza pediatrica, il rapporto diminuisce a 4 e anche a 2 pazienti per infermiere). Dal nostro osservatorio di Ordine di Roma, ricordiamo che, nel Lazio, la media è di 15 pazienti per ogni infermiere. Dove mancano gli infermieri, manca la salute.
E allora?
Il Consiglio Nazionale della FNOPI, cogliendo a nostro avviso il senso del momento storico che stiamo attraversando, ha deliberato di dar vita agli Stati Generali della Professione Infermieristica, iniziativa rivolta a tutti gli iscritti all’Albo nazionale. Il 28 marzo è partita una consultazione pubblica e trasparente rivolta a tutti i 456.000 colleghi italiani: siamo chiamati ad esprimere la nostra posizione sui temi più importanti per la Professione.
Si vuole arrivare, con questo, a una piattaforma condivisa che ridisegni la professione infermieristica in Italia, e ciò indipendentemente dalle diverse posizioni politiche e dalla personale posizione lavorativa: vogliamo e dobbiamo guidare il cambiamento dell’attuale sistema e intendiamo farlo attraverso modalità basate su una ferma e forte volontà di proporre una dialettica istituzionale concreta ed efficace. E questo, sia detto non per inciso ma con tutta l’evidenza del caso, è anche il compito di un Ordine Professionale, Ente sussidiario dello Stato.
Partecipare attivamente agli Stati Generali significa contribuire a che l’infermiere italiano, in prima persona, possa indicare alle Istituzioni le condizioni irrinunciabili per rendere concreto quel diritto alla salute che spesso è solo una enunciazione teorica.
Il mio invito a tutti colleghi a partecipare non è formale: collegatevi al sito http://statigenerali.fnopi.it/ per delineare il nostro futuro.
È ora, è adesso il momento in cui si decide il futuro della nostra professione, almeno per i prossimi 25 anni: per rispondere in modo esaustivo ai bisogni di salute e assistenza delle persone, si deve ridisegnare la professione infermieristica nel nostro Paese, anche – e forse soprattutto – attraverso la modifica delle norme primarie e dei percorsi formativi universitari e di specializzazione.
Se non ora, quando?