“Il tempo di relazione è tempo di cura”: lo spiega bene il Codice Deontologico delle Professioni Infermieristiche, ed è quanto emerge fortemente da “Il Natale non è come un film”, il cortometraggio patrocinato dall’Ordine delle Professioni Infermieristiche di Roma, opera di e con Barbara Patarini Valenza. Attori e pazienti insieme in una riflessione che spazia dalla terapia dell’arte e al suo effetto catartico, sino alle chiare connessioni con una sanità sociale diffusa nel territorio. Il tutto alla luce del disagio psichico, problema cospicuo di cui forse non si parla troppo spesso.
Un’opera – presentata con un evento pubblico alla Regione Lazio il 19 dicembre – dalla parte di chi soffre di disturbi psichici per documentare, attraverso il cinema, diverse realtà umane, spesso dimenticate, unendole in un racconto capace di valorizzarle.
Un evento voluto dall’OPI di Roma per far emergere il ruolo imprescindibile dell’infermiere nel percorso di recupero in Salute mentale.
“I concetti di prossimità, proattività ed il vivere nella comunità rappresentano infatti il cardine del PNRR e del ruolo centrale dell’infermiere in esso – ha spiegato il presidente Maurizio Zega -. In questo caso si evidenzia nel disagio psichico, ma il concetto può tranquillamente essere esteso a tutti i bisogni sanitari espressi dalla popolazione nel territorio”.
La proiezione del film ha poi fornito l’opportunità per intavolare un dibattito sull’Infermieristica di prossimità, preceduto dai saluti del presidente OMCeO Roma, Antonio Magi; del presidente della Commissione Sanità, Rodolfo Lena; e dall’Assessore Sanità, Alessio D’Amato. Alla tavola rotonda, moderata da Alberto Hermanin, hanno preso parte: il presidente Zega; il direttore generale del Policlinico Tor Vergata, Giuseppe Quintavalle; il professore di Psicopatologia forense alla Sapienza di Roma, Stefano Ferracuti; lo psichiatra Josè Mannu; l’infermiere musicoterapeuta, Marco Soricetti e l’infermiera del Centro di Salute mentale dell’Asl Roma 4, Mariarita Bonamano.
“Non è stato facile riassumere le intense sensazioni che questi ragazzi mi hanno donato durante le riprese e mentre gli sono stata accanto in Comunità, ma spero di essere riuscita a trasmetterle a chi guarderà lo short film. Si tratta del risultato di un percorso di svariati mesi di lavoro in cui ho tentato di riportare fedelmente le loro voci, parlandogli con tutta la sensibilità di cui sono capace”, ha spiegato la regista e la responsabile del progetto, la collega Patarini Valenza, ringraziando il presidente Zega, il vicepresidente Turci, e tutto l’OPI di Roma per il sostegno.
“Il Natale non è come un film” mette in luce l’indispensabilità dei percorsi di riabilitazione, perché le storie hanno tutte un unico comune denominatore: solo all’interno di un percorso di comunità si può tornare a una vita nuova. Questo, senza dimenticare che, stando al Rapporto del Ministero della Salute, pubblicato di recente, gli infermieri sono i professionisti più presenti e più attivi nei servizi (pubblici e convenzionati) di Salute mentale: si tratta di circa il 42% degli operatori di settore.
ll Nursing narrativo affrontato nel cortometraggio è, perciò, anche una sfida per presentare la professione sotto una luce diversa, sotto il profilo intellettuale, per esempio, che spesso non viene mostrato. Nel corso degli anni, in alcune strutture che si occupano di Salute Mentale e riabilitazione socio-sanitaria si è instaurata una rete di contatti che ha consentito di raccogliere, condividere e selezionare esperienze reali, storie di Persone che hanno vista mai creata o distrutta la “magia” delle festività natalizie.
Lo short film è basato sulle storie e le esperienze di vita legate alle festività natalizie raccontate da persone affette da disagio psichico-fisico e sociale: è stata, dunque, anche un’occasione di incontro con i ragazzi delle comunità coinvolte nel progetto, per regalare loro un Natale speciale da veri protagonisti dell’evento. Cinque su otto degli interpreti impersonano se stessi.