On line il numero 4/2021 di INFERMIERE OGGI, house organ dell’Ordine delle Professioni Infermieristiche di Roma.
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Di seguito, l’editoriale a firma del presidente dell’OPI di Roma, Maurizio Zega.
Tempi, modi, opportunità
L’accelerazione di tanti fenomeni, a partire dalla pandemia, aveva fatto sperare in una sollecita presa d’atto delle necessità di un Sistema Sanitario adeguato ai bisogni della popolazione e ai progressi tecnologici. La speranza non è tramontata, perché la lezione dei fatti (più che mai attuale!) quella resta.
Ma gli ostacoli su questo cammino sono ancora molti. Pensiamo, tra questi, al più generale e chiacchierato, cioè al fenomeno dei “no vax”, inammissibile atteggiamento di paura superstiziosa.
Su questo informo che l’Ordine, con il nuovo anno 2022, gestirà direttamente il controllo delle vaccinazioni, su mandato dello Stato; compito gravoso sul piano operativo e, insieme, dimostrazione di un’obiettiva crescita per la nostra professione.
Gentili colleghi, siamo un Ordine, Ente sussidiario dello Stato che ci affida rilevanti responsabilità; non siamo più un’associazione o un collegio, ma un Ente regolamentato dalla legge.
Ora, sarebbe normale che, alle nuove responsabilità, seguissero adeguati riconoscimenti. E qui, come si dice, casca l’asino.
Per esempio, parliamo di contratto: naturalmente, non spetta all’Ordine gestirlo. Ma, per la nostra natura istituzionale, rileviamo gravi contraddizioni: da una parte, una professionalità specifica e riconosciuta fino alla creazione di un Ordine. Poi, la realizzazione di “aree” contrattuali, evidenziando il valore di una
professionalità che comporta almeno una laurea: bene!
Forse, era l’occasione almeno per cominciare a ragionare su un cambiamento di sistema, su uno sviluppo della professione, con carriera anche in ambito clinico.
Ma niente: le risorse sono insufficienti, questa potenzialità è destinata a sicuro naufragio.
Il Governo, inoltre, ha cancellato gli unici due emendamenti alla Legge di Bilancio che riguardavano la professione infermieristica: il primo prevedeva l’assegnazione-ponte, in attesa del contratto, di quell’indennità di specificità promessa e finanziata nella Legge di Bilancio dello scorso anno, ma mai assegnata
a noi, come, invece, è successo per i medici, che la percepiscono dal 1° gennaio 2021.
Il secondo stanziava fondi per aumentare il numero di docenti infermieri nelle nostre Università: oggi, un insegnante ogni 6 studenti per i medici; un insegnante ogni 1.350 studenti per gli infermieri. Sulla formazione dei quali evidentemente non si vuole investire: però, si fa finta di predicare un incremento
dei professionisti.
Altro che eroi della pandemia! Un doppio schiaffo a mano aperta, mentre si continua a proclamare demagogicamente che mancano infermieri.
Il Governo sembra che scarichi tutto sulle Regioni, le quali dovrebbero trovare, nelle maglie dei fondi per il Piano Sanitario Regionale, sia i soldi per le sedi dei Corsi di Laurea e per l’incremento del numero di studenti infermieri, sia le risorse per finanziare parte del nuovo contratto di lavoro.
Impossibile per le Regioni in piano di rientro, improbabile per le Regioni in difficoltà (quasi tutte le altre).
Ma se non si pone mano ora a questa drammatica carenza, quando si pensa di provvedere?
Quando, se non ora, nel momento in cui la Sanità è direttamente coinvolta nella realizzazione del PNRR attraverso la Missione 6? Che vede i suoi elementi di punta in Infermieri di Famiglia e Comunità, Case delle Comunità, Ospedali di comunità, cure domiciliari, centrali operative territoriali: tutti interventi in cui
la figura centrale di riferimento è quella dell’infermiere.
La Regione Lazio ha appena disposto delle risorse che consentiranno di creare queste strutture.
Ma si parla solo di costi delle strutture, che andranno popolate dai rispettivi professionisti. E su questo, silenzio. Quei professionisti si devono formare adeguatamente: e anche su questo, silenzio. E i tempi sono straordinariamente brevi, perché, al più tardi del prossimo maggio, devono essere trasmessi i progetti relativi, a pena della perdita dei finanziamenti del PNRR che sono un’occasione che passa una volta sola. E ora siamo a gennaio; mentre il deficit di infermieri nel Sistema Sanitario nella Regione Lazio è, secondo le nostre stime, di circa 7.000 unità. A cui aggiungere chi, appunto, dovrà popolare le nuove strutture.
Ce n’è abbastanza, ci sembra, per essere allarmati, pur continuando a coltivare un cauto ottimismo derivante, come dicevamo, dalla logica stessa dei fatti, e i fatti, come si sa, “sono cose tenaci”.
Il punto è quello di una preoccupante inadeguatezza della classe dirigente del mondo sanitario di fronte all’evoluzione del panorama epidemiologico, sociologico e demografico in corso.
Ci si attarda nelle nicchie del vecchio per frenare la crescita, anziché prendere il toro per le corna, approfittare della occasione che ci viene offerta e disegnare finalmente quella rivoluzione culturale nel campo sanitario che la realtà richiama ogni giorno quasi con tragica insistenza.
I nostri Corsi di Laurea continuano ad essere insufficienti, l’attrattività stessa della professione è messa in forse dalla pervicace indifferenza rispetto alle prospettive di carriera, alle specifiche competenze cliniche, al mondo della ricerca nel settore infermieristico, alle stesse retribuzioni medie: perché tutto si
lega, e, senza una visione di insieme, anche questa potrebbe diventare un’opportunità persa.
È necessario ridisegnare l’assistenza territoriale in una logica di “nuovo modello”: su questo, fino ad oggi purtroppo, registriamo una preoccupante “reazione”.
Così, la razionale osservazione dell’evoluzione in corso continua ad offrire elementi di oggettiva speranza, certamente: ma sui tempi, sui modi e sulle risorse necessarie per il percorso che abbiamo di fronte sono lecite preoccupazioni e riserve.
Ed è proprio su questo che l’Ordine si vuole impegnare.