Con l’editoriale a firma del presidente Maurizio Zega, che qui anticipiamo, è ora disponibile il primo numero del 2021 di INFERMIERE OGGI, la rivista istituzionale dell’Ordine delle Professioni Infermieristiche.
Da quest’anno, per raggiungere un numero maggiore di lettori, la rivista sarà disponibile interamente on line, ogni trimestre, sul nostro sito.
E’ in corso la procedura per indicizzare la pubblicazione. Per proporre contributi scientifici e articoli, consultare attentamente le norme editoriali aggiornate.
SAPER ESSERE… INCALZANTI
di Maurizio Zega
Vogliamo far partire le nostre riflessioni ricordando che nella nostra Regione oltre cinquemila colleghi sono stati contagiati e sette hanno perso la vita a causa della pandemia. E anche nel nuovo anno si sta già pagando un doloroso tributo.
Non lo facciamo per lamentosa retorica, ma è bene sempre ricordare la serietà del nostro impegno professionale.
Sapere e saper essere, questo è il nocciolo della nostra competenza: e siamo consapevoli, certamente, dei notevoli passi avanti che il riconoscimento della nostra professionalità ha conseguito negli ultimi anni. Che però, spesso, si fermano sulla carta: per esempio, il decreto legge 34 del 2020 prevedeva, all’articolo 1 comma 5, che Aziende ed Enti del Servizio Sanitario Nazionale (SSN) avrebbero potuto conferire incarichi di lavoro a 9.600 infermieri.
Alzi la mano chi ha visto nulla di tutto ciò. Niente.
Apprendiamo di essere stati, come infermieri italiani, candidati autorevolmente al Premio Nobel per la Pace? Abbiamo letto che, secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), si deve rendere la figura infermieristica centrale per l’assistenza sanitaria di base? Ebbene, senza montarci la testa: la nostra esperienza è già centrale, e le carenze drammatiche che la pandemia ha posto in luce sono in gran parte nient’altro che le carenze dovute al mancato riconoscimento del nostro ruolo.
A volte sembra di capire che l’Ordinamento, il quale ha riconosciuto con la legge istitutiva dell’Ordine nient’altro che la naturale evoluzione del progresso scientifico in ambito sanitario, si mostri poi incerto e timoroso a trarne le conseguenze, con atteggiamenti in cui si possono riscontrare forse resistenze corporative, probabilmente ritardi culturali e certamente non logica e razionalità. Ma ci vuole più razionalità, più luce, perché l’assistenza sanitaria si apra davvero alla modernità.
Ci sono però, anche segnali positivi: la nostra richiesta di liberazione dall’obbligo della esclusività per i colleghi dipendenti dal SSN, per esempio. La dura lezione della pandemia ha già imposto nei fatti l’allentamento di questo illogico vincolo. Segnali sono venuti, un po’ in ordine sparso, dal decreto Milleproroghe, ma anche nella nostra Regione.
Finalmente, il governo ha, con il Decreto Sostegni, allentato il vincolo di esclusività per i colleghi dipendenti dal SSN, almeno in funzione dell’emergenza da COVID-19. Per parte nostra, abbiamo sollecitato l’Assessore alla Sanità del Lazio. La speranza è quella di essere ascoltati, ma non mancheremo di incalzarlo, svolgendo proprio quel ruolo che la legge ci affida come Ordine delle Professioni Infermieristiche.
Altro segnale, le dichiarazioni programmatiche del Governo: “Il punto centrale è rafforzare e ridisegnare la sanità territoriale, realizzando una forte rete di servizi di base. È questa la strada per rendere realmente esigibili i Livelli Essenziali di Assistenza e affidare agli ospedali le esigenze sanitarie acute, post acute e riabilitative. La ‘casa come principale luogo di cura’ è oggi possibile”. Con queste parole si certifica che la sanità territoriale, così com’è, proprio non va: e gli infermieri, senza voler aprire particolari fronti polemici, lo denunciano da sempre. Nel Lazio, unitamente ad altre realtà professionali e del volontariato, stiamo insistendo con forza perché sulla base di una concezione olistica possa realizzarsi un’autentica assistenza socio sanitaria integrata, che faccia perno sulla figura dell’Infermiere di Comunità. È proprio la nostra “assenza”, o comunque la nostra presenza limitata e impacciata da un sistema normativo antiquato che rende la crisi del sistema più acuta che mai.
Si tratta della carenza drammatica di personale; siamo 5,5 per ogni mille abitanti, il Regno Unito ha 7,8 infermieri ogni mille abitanti, in Francia (10,8) e Germania (12,9) siamo al doppio della percentuale italiana. Si tratta del fatto che sono anni che si sollecitano Ministero e Università, perché si formi un numero molto più elevato di infermieri a coprire il crescente fabbisogno: abbiamo di recente scritto alla Regione Lazio. Risale al 2007 (dicesi 2007), l’ultimo anno in cui vi fu un effettivo trasferimento di fondi
alle aziende sanitarie a copertura dei costi connessi. Da allora, il nulla: è inutile fare bandi se poi gli infermieri non ci sono, e non è che si diventi infermieri con un tratto di penna burocratico: studiare bisogna, impegnarsi, laurearsi. Forse ancora non si è capito che non si parla di corsi professionalizzanti di tre mesi…
Si tratta della nostra libera professione: diciamolo pure, anche su questo aspetto, è sempre il solito tema che ritorna: quello di riconoscere nella concretezza il ruolo della nostra professionalità e della sua autonoma dignità professionale, per dirla meglio.
Intanto, nel Lazio si tenta di creare una “Azienda 0” a somiglianza di quanto accade in altre Regioni. Fino ad ora, il testo proposto non sembra dover suscitare molte speranze: fra le molte carenze, non si prevede una direzione dedicata alla professione infermieristica, all’interno dell’istituenda Azienda; cosa raccomandava l’OMS? “Investire nella leadership infermieristica”. Se si parte così, non si parte bene.
Insomma, crisi pandemica, emergenza piano vaccinale, liberazione delle energie della nostra professione, costante interlocuzione e proattività con le Istituzioni, una luce più forte sui problemi reali del sistema sanitario: gli infermieri ci sono, con razionalità e coraggio, come si diceva, e c’è anche l’Ordine; perché anche per il lavoro quotidiano, faticoso, il coraggio ci vuole.