Presentato a Roma uno strumento, corredato da Glossario, pensato per cittadini, pazienti, caregiver, operatori sanitari, e frutto di un intenso lavoro iniziato un anno fa, con incontri periodici, contributi e revisioni provenienti da professionisti con diverse competenze e diverse posizioni, politiche ed etiche.Il documento, infatti, è stato prodotto dai componenti del Tavolo di lavoro sulla legge 219/2017, promosso dall’Ordine degli Psicologi del Lazio e coordinato da Monia Belletti, a cui hanno preso parte l’Ordine delle Professioni Infermieristiche di Roma e quello provinciale dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri, assieme a rappresentanti del mondo sanitario, della ricerca e dell'associazionismo. “L'Ordine Psicologi del Lazio ha voluto avviare una riflessione comune delle varie professioni sanitarie, soprattutto di quelle prese in considerazione dalla legge 219/2017 – ha spiegato il vicepresidente, Pietro Stampa – per arrivare a redigere uno strumento condiviso per la lettura della legge, dei suoi concetti fondamentali e delle problematiche che presenta la sua attuazione nel contesto concreto della clinica e del percorso di cura”. Il presidente dell'Omceo Roma, Antonio Magi, ha rivendicato il ruolo fondamentale degli Ordini professionali, in quanto enti sussidiari dello Stato: “Ci confrontiamo sempre più spesso con norme che poi difettano di decreti attuativi e di linee-guida, con il paradosso che poi è la Magistratura a fornire, con le sentenze, la corretta applicazione di quanto disposto dal Parlamento. Questo non può più essere, pertanto, ben vengano lavori di squadra come questo, in cui ogni professione pone il solo interesse del cittadino al centro della discussione “.Una comunione d'intenti sottolineata anche dalla presidente OPI Roma, Ausilia Pulimeno: “Questo è un giorno importante, per diversi motivi. L’Ordine che rappresento è felicissimo di collaborare con tutti i soggetti coinvolti nel contesto di salute del cittadino, mettere insieme le forze. Ognuno di noi è la ‘tessera’ di un grande mosaico: ovvero, la soddisfazione dei bisogni della persona. Quindi, pur mantenendo ognuno le sue specificità, abbiamo cercato di guardare oltre. Si tratta di un grande traguardo, ma è solo un inizio, una partenza da cui muovere i prossimi passi. Gli infermieri sono accanto alla persona malata e alla sua famiglia per molte ore al giorno, specie nei contesti in cui non è più autonomo. La relazione di cura che gli infermieri instaurano è un mezzo che accresce la conoscenza dell’équipe affinché le scelte assistenziali possano essere appropriate e sempre condivise”. La Federazione nazionale degli Ordini delle Professioni Infermieristiche, a breve, approverà il nuovo Codice Deontologico, a dieci anni dalla sua prima stesura.Il documento e il glossario “Conoscere la legge n. 219/2017: norme in materia di consenso informato e di disposizioni anticipate di trattamento” sono scaricabili all’indirizzo: https://www.ordinepsicologilazio.it/risorse/Nel documento si legge, tra l’altro: “Gli infermieri sono in prima linea chiamati a partecipare al processo di attuazione e promozione della Legge 219. Gli infermieri hanno un rapporto di continua vicinanza con la persona malata, in modo specifico in tutte quelle situazioni e contesti di cura (residenziali, ospedalieri, domiciliari) in cui la stessa non è più in grado di soddisfare i propri bisogni autonomamente, non soltanto perché fisicamente malata (non ha le forze), ma spesso anche quando non è più in grado di attribuire a questi atti un senso e uno scopo esistenziale (volontà e conoscenze). Questa esperienza di dipendenza che alcune tipologie di malattie, o esiti di malattie comportano, è un fenomeno complesso che genera grandi sofferenze nel paziente (Eriksson, 2008). Infatti, è una condizione che racchiude in sé una variabilità di sfumature infinite, ognuna legata all’unicità e irripetibilità della persona che la vive. La quotidianità si modifica, i ritmi della propria vita sono dettati dalla disponibilità di chi si presta a prendersi cura. Cambia la propria spontaneità, libertà e possibilità di stare da soli perché si è dipendenti da altri; si prova paura di non ricevere le cure e l’aiuto necessario, ansia nel mettere a disagio i propri cari, ci si sente spesso un peso per gli altri. In queste situazioni gli infermieri con i loro atteggiamenti possono influenzare l’esperienza quotidiana di dipendenza. L’infermiere deve essere parte attiva nel processo del consenso informato. Riconosce il valore del processo di informazione del paziente e promuove forme di informazione integrate e multiprofessionali adoperandosi affinché l’assistito disponga di tutte le informazioni necessarie ai suoi bisogni di salute e di vita (Codice Deontologico Infermieri, 2009 Art. 23). L’infermiere si inserisce nel processo del consenso informato sostenendo un’informazione completa effettiva e aggiornata non solo sugli aspetti relativi alla diagnosi, alla prognosi e ai trattamenti medici, ma anche su quelli relativi all’ ‘esperienza di dipendenza dalle cure’ che ne potrebbe derivare e soprattutto sull’assistenza infermieristica di cui il paziente potrà disporre. Gli infermieri sono coinvolti a pieno titolo nel processo assistenziale volto a identificare e comprendere i valori e le preferenze dei pazienti per definire obiettivi e strategie di trattamento e cura futuri. Un processo che coinvolge e include la famiglia, che necessita di tempo, tempo prezioso per la comunicazione, la cura e per una buona pianificazione condivisa della cura. Questo tempo è uno spazio che gli infermieri devono poter ritrovare nel percorso del ‘prendersi cura’… ‘Nessun trattamento può sostituirsi alla cura. Si può vivere senza trattamenti, ma non si può vivere senza cura’ (Collière, 1992). Non è infatti possibile rifiutare o interrompere l’assistenza nelle condizioni di perdita di autonomia e di necessità di un supporto compensativo e sostitutivo…